L’uso delle Body Cam della Polizia Locale deve essere preceduto da una DPIA

L’utilizzo delle bodycam da parte della Polizia Locale deve essere regolamentato. Vanno predisposti una valutazione di impatto privacy ad hoc ed un disciplinare dettagliato da mettere a disposizione degli operatori. Lo ha precisato il Garante per la protezione dei dati personali con l’inedito parere n. 238958/2023 rilasciato ad un comune.

I comuni devono inquadrare correttamente questi dispositivi. Le indicazioni fornite dal garante risultano utilissime in tal senso.

Innanzitutto sarebbe opportuno redigere specifiche valutazioni di impatto in relazione a ciascun trattamento effettuato. Quindi una valutazione di impatto privacy (Dpia, acronimo di Data protection impact assessment) per la videosorveglianza fissa, una per le fototrappole e una per le bodycam.

In alternativa, specifica la nota centrale, “ove si decida di effettuare un’unica valutazione di impatto occorre comunque distinguere con chiarezza e puntualità le proprie valutazioni, con riferimento a tutti gli elementi di cui all’art. 35, par. 7 del regolamento, per ciascun trattamento effettuato/strumento impiegato”. Attenzione al monitoraggio del personale. Ai sensi dello statuto dei lavoratori gli impianti audiovisivi possono essere impiegati per esigenze produttive, per la sicurezza e per la tutela del patrimonio aziendale, nel rispetto dei principi di liceità, correttezza, trasparenza e limitazione delle finalità.

Ma previo accordo sindacale o autorizzazione ad hoc ed una necessaria valutazione di impatto privacy. La base giuridica del trattamento dei dati personali con l’impiego di bodycam in ogni caso non può fare riferimento al dl 11/2009 o al dl 14/2017. Tali disposizioni normative “regolano esclusivamente l’impiego da parte dei comuni di dispositivi di videosorveglianza sulla pubblica via, su base continuativa, per finalità di sicurezza urbana, ovvero per la prevenzione e il contrasto dei fenomeni di criminalità diffusa e predatoria”. In pratica l’impiego delle bodycam può essere giustificato per tutelare l’operatore o per particolari esigenze operative.

Spetterà però al comando identificare i casi operativi “individuando conseguentemente la corretta base giuridica del trattamento nei limiti previsti dalla normativa in materia di controllo a distanza” dei lavoratori. Attenzione infine alla corretta valutazione sulla necessità e proporzionalità dei trattamenti in relazione alle finalità delle bodycam. Oltre alla concreta individuazione degli eventi in presenza dei quali è possibile attivare i dispositivi sarà necessario adottare un disciplinare dettagliato che permetta agli operatori di regolare al meglio la propria attività quotidiana.

PUBBLICAZIONE DEI DATI DEGLI AMMINISTRATORI SUL SITO WEB DELL’ENTE

Un Comune intende inviare ai Consiglieri/Assessori/Sindaco la richiesta per poter pubblicare in amministrazione trasparente le informazioni di cui all’art. 14 del D. l.gs. 33/2013 previste per gli amministratori locali.

Quali sono i dati corretti da pubblicare

Sul tema il Garante si è espresso nelle “Linee Guida in materia di trattamento dei dati personali contenuti in atti e documenti amministrativi effettuato per finalità di pubblicità e trasparenza sul web da soggetti pubblici e altri obbligati” del 15 maggio 2014, indicazione valida ad oggi.

Obblighi di pubblicazione dei curricula professionali  

La disciplina in materia di trasparenza prevede di rendere visibile al pubblico, rispetto a taluni soggetti, informazioni personali concernenti il percorso di studi e le esperienze professionali rilevanti, nella forma del curriculum redatto in conformità al vigente modello europeo (art. 10, comma 8, lett. d). Le ipotesi previste riguardano, ad esempio, i curricula professionali dei titolari di incarichi di indirizzo politico (art. 14), dei titolari di incarichi amministrativi di vertice, dirigenziali e di collaborazione o consulenza (art. 15, comma 1, lett. b), nonché delle posizioni dirigenziali attribuite a persone – anche esterne alle pubbliche amministrazioni – individuate discrezionalmente dall’organo di indirizzo politico senza procedure pubbliche di selezione, di cui all’articolo 1, commi 39 e 40, della legge 6 novembre 2012, n. 190 (art. 15, comma 5), dei 39.

Il riferimento del legislatore all’obbligo di pubblicazione del curriculum non può tuttavia comportare la diffusione di tutti i contenuti astrattamente previsti dal modello europeo (rispondendo taluni di essi alle diverse esigenze di favorire l’incontro tra domanda e offerta di lavoro in vista della valutazione di candidati oppure, nel corso del rapporto di lavoro, per l’assegnazione dell’interessato a nuovi incarichi o per selezioni concernenti la progressione di carriera), ma solo di quelli pertinenti rispetto alle finalità di trasparenza perseguite.

Prima di pubblicare sul sito istituzionale i curricula, il titolare del trattamento dovrà pertanto operare un’attenta selezione dei dati in essi contenuti, se del caso predisponendo modelli omogenei e impartendo opportune istruzioni agli interessati (che, in concreto, possono essere chiamati a predisporre il proprio curriculum in vista della sua pubblicazione per le menzionate finalità di trasparenza).

In tale prospettiva, sono pertinenti le informazioni riguardanti i titoli di studio e professionali, le esperienze lavorative (ad esempio, gli incarichi ricoperti), nonché ulteriori informazioni di carattere professionale (si pensi alle conoscenze linguistiche oppure alle competenze nell’uso delle tecnologie, come pure alla partecipazione a convegni e seminari oppure alla redazione di pubblicazioni da parte dell’interessato).

Non devono formare invece oggetto di pubblicazione dati eccedenti, quali ad esempio i recapiti personali oppure il codice fiscale degli interessati, ciò anche al fine di ridurre il rischio di c.d. furti di identità nonché la firma autografa.

 Deve inoltre essere garantita agli interessati la possibilità di aggiornare periodicamente il proprio curriculum ai sensi dell’art. 7 del Codice evidenziando gli elementi oggetto di aggiornamento.