Nota di approfondimento sulle disposizioni del D.L. 127/2021 Misure urgenti per assicurare lo svolgimento in sicurezza del lavoro pubblico e privato mediante l’estensione dell’ambito applicativo della certificazione verde COVID-19 e il rafforzamento del sistema di screening

Aggiornamento al 9 ottobre 2021

Il D.L. 127/2021 ha introdotto nell’ambito del lavoro pubblico e privato, ai fini dell’accesso ai luoghi di lavoro, l’obbligo di possedere ed esibire la certificazione verde COVID-19 (c.d. green pass,  di seguito “GP”).

Per quanto riguarda in particolare la previsione dell’obbligo del GP nell’ambito dell’impiego privato, si riporta di seguito una sintesi di quanto disposto dalla norma di riferimento, ovvero l’art. 3 D.L. 127/2021, che introduce un nuovo art. 9-septies nel contesto del D.L. 52/2021 conv. In L. 87/2021.

Oggetto: obbligo di possedere ed esibire il GP ai fini dell’accesso ai luoghi di lavoro pubblico e privato (ferma l’apposita disciplina già prevista per l’accesso per motivi di lavoro a) nelle istituzioni scolastiche, educative, di formazione e universitarie art. 9 ter – ter.1 – ter.2 D.L. 52/2021; b) nelle strutture residenziali, sociosanitarie e socioassistenziali art. 4 bis D.L. 44/2021; c) per il personale che esercita professioni sanitarie e operatori di interesse sanitario che svolgono attività nelle strutture sanitarie sociosanitari e socioassistenziali, pubbliche e private, nelle farmacie, parafarmacie e studi professionali art. 4 D.L. 52/2021)

Durata: per il periodo dal 15.10.2021 fino al 31.12.2021 (data che coincide con il termine attuale di cessazione dello stato di emergenza)

Soggetti obbligati: personale pubblico e privato, nonché tutti i soggetti che a qualsiasi titolo svolgono la loro attività lavorativa, o di formazione o di volontariato nei medesimi luoghi di lavoro, anche sulla base di contratti esterni

Esclusioni: non sono soggetti all’obbligo del GP i soggetti esenti dalla campagna vaccinale sulla base di idonea certificazione medica rilasciata secondo i criteri definiti con Circolare del Ministero della Salute

Per le certificazioni di esenzione, le disposizioni attualmente vigenti sono quelle di cui alla Circolare del Ministero della Salute del 4.8.2021, in base alla quale, nelle more dell’adozione di apposito DPCM volto a regolare l’emissione e verifica digitale di tali certificazioni, i certificati di esenzione possono essere rilasciati in forma cartacea, con una validità massima fino al 30.9.2021, e non possono riportare altri dati sensibili dell’interessato ulteriori rispetto a quelli tassativamente previsti dalla Circolare stessa (non devono, ad esempio, riportare la motivazione clinica dell’esenzione).

Con Circolare del Ministero della Salute 25.9.2021 la validità e la possibilità di rilascio delle certificazioni di esenzione alla vaccinazione anti-COVID-19 di cui alla circolare del 4.8.2021, per gli usi previsti dalla normativa vigente, è stata prorogata sino al 30 novembre 2021, precisando che non sarà necessario un nuovo rilascio delle certificazioni già emesse, salvo i casi in cui le stesse contengano dati del soggetto interessato, ulteriori rispetto a quelli indicati per la loro compilazione, a carattere sensibile (es. motivazione clinica della esenzione).

Verifica del GP: obbligo del datore di lavoro (e del terzo, in caso di svolgimento di attività presso terzi o di terzi presso il datore di lavoro), da effettuarsi con le modalità indicate dal DPCM adottato ex art. 9, comma 10 D.L. 52/2021 convertito nella L. 87/2021: il riferimento è dunque al DPCM 17.6.2021 in base al quale:

4 le certificazioni verdi COVID -19 sono le certificazioni rilasciate, con termine di validità variabile, da 48 ore a 12 mesi a seconda delle circostanze che ne hanno consentito il rilascio, a fronte di a) avvenuta vaccinazione contro il SARS-CoV-2; b) avvenuta guarigione dall’infezione da SARS-CoV-2; c) effettuazione di un test molecolare o antigenico rapido con risultato negativo al virus SARS-CoV-2;

4 la verifica delle certificazioni verdi COVID-19 non può comportare, in alcun caso, la raccolta dei dati dell’intestatario in qualunque forma ed è effettuata mediante la lettura del codice a barre bidimensionale (QR code), utilizzando esclusivamente l’applicazione mobile prevista nell’allegato B del DPCM stesso, che consente unicamente di controllare l’autenticità, validità e integrità della certificazione e di conoscere le generalità dell’intestatario senza rendere visibili le informazioni che ne hanno determinato l’emissione; all’atto della verifica, su richiesta dei verificatori, l’intestatario della certificazione verde COVID-19 deve dimostrare la propria identità personale mediante esibizione di un documento d’identità.

OBBLIGHI DEL DATORE DI LAVORO ENTRO IL 15.10.2021

  1. definire le modalità operative per l’organizzazione delle verifiche del GP (anche a campione, ma con previsione prioritaria, ove possibile, che le verifiche siano effettuate al momento dell’accesso ai luoghi di lavoro)
  2. individuare con atto formale i soggetti incaricati all’accertamento delle violazioni da parte dei lavoratori (in base al DPCM 17.6.2021 se il controllo viene affidato a un dipendente/collaboratore l’incarico deve essere formalizzato con atto scritto comprensivo delle istruzioni sull’attività di verifica)

Conseguenze per i lavoratori che comunichino di non essere in possesso del GP ovvero che ne risultino privi al momento dell’accesso al luogo di lavoro

  1. Se l’impresa ha 15 o più dipendenti e per gli enti pubblici

sono considerati assenti ingiustificati fino alla presentazione del GP e comunque non oltre il 31.12.2021

-> senza conseguenze disciplinari

-> con diritto alla conservazione del posto

-> senza retribuzione o altro compenso o emolumento, comunque denominato

b) Se l’impresa ha meno di 15 dipendenti

dopo il quinto giorno di assenza ingiustificata il datore di lavoro può sospendere unilateralmente il lavoratore per la durata corrispondente a quella del contratto di lavoro stipulato per la sostituzione, comunque per un periodo non superiore a 10 giorni, rinnovabili per una sola volta, non oltre il termine del 31.12.2021

Conseguenze per i lavoratori che accedono ai luoghi di lavoro in mancanza di GP

4 sanzione amministrativa da Euro 600 a 1.500 raddoppiata in caso di violazione reiterata 4 conseguenze disciplinari secondo i vari orientamenti di settore

Conseguenze per i DDL per mancata verifica dell’adempimento delle prescrizioni da parte

dei lavoratori o mancata adozione delle misure organizzative per le verifiche entro il  15.10.2021

4 salvo che il fatto costituisca reato, sanzione amministrativa da Euro 400 a 1.000, raddoppiata in caso di violazione reiterata

–           Sanzioni amministrative

Le sanzioni amministrative di cui sopra vengono irrogate dal Prefetto, i soggetti incaricati dell’accertamento e della contestazione delle violazioni trasmettono al Prefetto gli atti relativi alla violazione.

Le disposizioni che sono state sintetizzate hanno sollevato numerosi dubbi e perplessità

Confidiamo che i dubbi vengano risolti con delle chiare indicazioni ministeriali, cerchiamo di dare conto delle criticità, di cui alcune sembrano aver trovato una (se non ufficiale, comunque abbastanza condivisa) soluzione, mentre altre restano interrogativi ancora aperti.

L’inciso “su richiesta” inserito nel D.L. può essere interpretato nel senso che l’obbligo di GP sussiste solo in caso di richiesta?

No, l’obbligo di GP per accedere ai luoghi di lavoro sussiste in capo al lavoratore indipendentemente dalla richiesta di esibizione e dal controllo, il lavoratore che dovesse accedere al luogo di lavoro in mancanza di GP risponde della relativa violazione anche nel caso in cui quel giorno nessuno gli abbia chiesto di esibire e abbia verificato il suo GP.

La disposizione si applica anche ai lavoratori autonomi e liberi professionisti, considerato che l’art. 3 si riferisce sempre al soggetto tenuto all’effettuazione delle verifiche come “datore di lavoro”, concetto che potrebbe far pensare alla sussistenza dell’obbligo solo per i lavoratori subordinati?

Si, l’obbligo riguarda tutti coloro che devono accedere ai luoghi di lavoro per svolgere un’attività lavorativa, di formazione o volontariato a qualsiasi titolo, quindi anche al ddl e ai lavoratori autonomi e liberi professionisti; l’espressione “datore di lavoro” non è di ostacolo a tale interpretazione, peraltro certamente in linea con la ratio della norma, ove correttamente intesa nell’accezione ampia utilizzata in materia di sicurezza sul lavoro quale soggetto su cui grava l’organizzazione e la responsabilità del luogo di lavoro.

Cosa significa “contratti esterni” ex art. 1 comma 3 e ex art. 3 co. 2?

Ragionando sulla base della ratio della norma, l’espressione ha lo scopo di imporre l’obbligo a tutti i soggetti che per ragioni di lavoro, formazione, volontariato devono accedere ai luoghi di lavoro non solo in forza di un rapporto contrattuale diretto con il datore di lavoro (da intendersi, come accennato, nella nozione ampia di datore di lavoro di cui al D.Lgs 81/2008, nel senso di soggetto responsabile di un determinato luogo di lavoro), ma anche in forza di un “contratto esterno”, ossia con un soggetto terzo (per fare degli es.: i soggetti che riforniscono le macchinette del caffè e degli snack; gli addetti al servizio di pulizia).

Quali potrebbero essere i soggetti che, non dovendo accedere al luogo di lavoro per svolgere attività lavorativa, di formazione volontariato, possono ritenersi non soggetti all’obbligo di legge di possesso ed esibizione del GP per accedere al luogo di lavoro?

In linea di massima i clienti / utenti, i soggetti che debbano recarsi in azienda /ente per sostenere un colloquio di lavoro, eventuali “visitatori” (es. familiari del dipendente). Nella pubblica amministrazione i soggetti che usufruiscono dei servizi.

Per questi soggetti si ritiene permanga comunque l’obbligo di GP per poter utilizzare la mensa aziendale.

Peraltro, avendo le imprese natura privata, la norma non preclude ai ddl l’eventuale estensione dell’obbligo di GP per l’accesso al luogo di loro anche ai soggetti che per legge non vi sarebbero tenuti (come è stato fatto da alcune strutture sanitarie – anche pubbliche – per l’accesso dei pazienti/clienti alle visite specialistiche, oltre che per la visita dei degenti).

Il luogo di lavoro per l’accesso al quale è richiesto il GP ricomprende anche eventuali spazi all’aperto, depositi, etc.?

Posto che la norma non prevede eccezioni si ritiene opportuno adottare una interpretazione ampia del concetto di luogo di lavoro.

I soggetti esenti dalla campagna vaccinale sulla base di idonea certificazione medica sono esclusi dall’obbligo di GP per accedere ai luoghi di lavoro: cosa dovranno presentare al ddl per dimostrare la loro condizione e poter quindi essere esentati dai controlli accedendo così ai luoghi di lavoro pur in assenza di GP?

Ad oggi e fino il 30.11.2021, dovranno presentare certificato cartaceo di esenzione con le caratteristiche di cui alla Circolare del Ministero della Salute del 4.8.2021, che non deve riportare alcuna indicazione della motivazione dell’esenzione. Tuttavia, sul punto è prevista la prossima adozione di un DPCM che dovrebbe regolare l’emissione dei certificati di esenzione in modo che gli stessi possano essere verificati digitalmente.

Nelle more, è necessario valutare dal punto di vista pratico come gestire i certificati di esenzione cartacei: in base alle adottande Linee Guida del Governo sul pubblico impiego i lavoratori esenti non dovranno essere sottoposti ad alcun controllo “previa trasmissione della relativa documentazione sanitaria al medico competente”. Alla luce di ciò, quindi, anche nell’impiego privato sembra del tutto preclusa la possibilità di richiedere ai lavoratori esenti l’esibizione quotidiana del certificato cartaceo di esenzione per poter accedere al luogo di lavoro.

Come fare il controllo a campione?

La norma non fornisce indicazioni precise ma ragioni di buon senso inducono a ritenere che il controllo a campione debba essere fatto su un campione SIGNIFICATIVO (non posso limitarmi a controllare 1 lavoratore su 100) e, ovviamente, prestando particolare attenzione che lo stesso venga effettuato con modalità tali da non risultare discriminatorie.

Sul punto le Linee Guida relative all’impiego pubblico dovrebbero indicare dei precisi parametri per i controlli a campione, da effettuarsi con cadenza giornaliera, prioritariamente nella fascia antimeridiana della giornata, in misura non inferiore a una determinata % del personale complessivamente presente in servizio e in maniera omogenea con un criterio di rotazione su tutto il personale.

La verifica a campione non garantisce che tutti coloro che di fatto accedono siano effettivamente dotati di GP: nell’ipotesi in cui venga accertata la presenza di un lavoratore privo di GP all’interno del luogo di lavoro il ddl che abbia fatto la verifica a campione è anch’egli responsabile (oltre al lavoratore) della violazione dell’obbligo di GP?

No, è opinione prevalente sul punto che il ddl non possa essere chiamato a rispondere se nelle proprie modalità operative per l’organizzazione delle verifiche ha previsto la modalità di verifica a campione, motivando tale scelta e se tale verifica è stata poi effettivamente svolta secondo quanto stabilito.

Si segnala che tuttavia, per evitare responsabilità, non sembra sia sufficiente definire delle “qualsiasi” modalità di controllo e svolgere le verifiche in conformità, le modalità di organizzazione dei controlli devono essere individuate sulla base di criteri di ragionevolezza e adeguatezza (ad es. potrebbe essere ritenuto non adeguato il controllo a campione se il campione non è significativo ovvero in mancanza di una ragione oggettiva che giustifichi il controllo a campione rispetto a un controllo generalizzato e puntuale).

Cosa significa che le modalità operative definite dai ddl per le verifiche devono prevedere prioritariamente, se possibile, che il controllo sia effettuato al momento dell’accesso ai luoghi di lavoro? Significa che posso prevedere il controllo in un momento diverso da quello dell’accesso ai luoghi di lavoro solo se, anche con verifica a campione, il controllo all’accesso risulta impossibile o è sufficiente che sia eccessivamente oneroso/gravoso/difficoltoso?

Si ritiene che la verifica possa essere effettuata anche dopo l’accesso in tutti i casi in cui vi siano delle oggettive e comprovabili difficoltà (ad esempio, numero eccessivo dei dipendenti da controllare, diversa dislocazione dei luoghi di lavoro etc.) ad effettuarla al momento dell’accesso.

Si ritiene opportuno evidenziare in proposito che il controllo a campione e il controllo successivo all’accesso ai luoghi di lavoro non garantiscono che nessuno dei soggetti tenuti acceda senza GP: pertanto, nella prospettiva di ridurre il più possibile il rischio di contagio, è senza dubbio preferibile privilegiare il controllo generalizzato, puntuale ed al momento dell’accesso.

Il controllo generalizzato all’ingresso, ove possibile, rimane, per evidenti ragioni di opportunità pratica, la misura da prediligere. Qualora, infatti, un lavoratore dovesse risultare positivo al Covid-19, sarà più semplice provare agli enti preposti la propria estraneità rispetto al momento del contagio.

In caso di opzione per una diversa modalità (a campione e/o successivamente all’accesso) è comunque opportuno che in sede di definizione delle modalità operative per l’effettuazione dei controlli la scelta venga motivata sulla base di ragioni oggettive.

E’ stato altresì rilevato che la scelta di effettuare controlli a campione e/o successivamente all’accesso, non garantendo che nessuno acceda senza GP, esporrebbe i lavoratori a più gravi conseguenze: è senz’altro opportuno, (anche) in relazione a questo profilo, che ai lavoratori venga data in azienda adeguata informazione in ordine alle novità contenute del D.L. 127/2021.

Cosa deve essere materialmente verificato ai fini dell’accesso ai luoghi di lavoro?

La verifica riguarda il QR code (che può essere esibito in cartaceo o su supporto digitale) e deve essere effettuata esclusivamente con l’apposita app di cui al DPCM 17.6.2021 “Verifica C19”. In caso di incertezza circa l’identità personale del soggetto che esibisce il GP i verificatori possono chiedere anche l’esibizione di un documento di identità personale, per verificare che il QR code corrisponde al soggetto che lo esibisce.

Si può chiedere ai soggetti incaricati dei controlli di installare l’app per effettuarli su loro dispositivi personali?

La norma nulla prevede al riguardo ma è senz’altro opportuno che i soggetti coinvolti nell’attività di verifica, sulla base di uno specifico incarico del ddl sul quale grava il relativo obbligo di legge e l’organizzazione dei controlli, utilizzino devices messi a disposizione a tal fine dal ddl e non dispositivi personali. Anche questo aspetto dovrà essere regolato nella definizione delle modalità operative di effettuazione dei controlli e ribadito nell’incarico che il ddl potrà rilasciare a soggetti terzi, peraltro informati e formati a tal proposito.

Chi non è in possesso di GP per essere considerato assente ingiustificato può anche solo limitarsi a comunicarlo preventivamente o deve necessariamente presentarsi ogni giorno in azienda?

Sul punto ciò che risulta dalla norma è che: a) l’autocertificazione di possesso del GP non è sufficiente per l’accesso al luogo di lavoro e non esime il ddl dall’effettuazioe delle verifiche; b) la norma fa espresso riferimento alla possibilità di una dichiarazione preventiva di NON essere in possesso del GP. Quindi, a ben vedere, se il lavoratore abbia dichiarato di non avere il GP (di talchè nessuna ulteriore verifica è necessaria) sopporterà le relative conseguenze economiche sino ad eventuale esibizione di un GP valido e non sembra ragionevole esigere che lo stesso si presenti ogni giorno in azienda al mero fine di ribadire tale dichiarazione (tenuto conto che inutili viaggi quotidiani di andata e ritorno al luogo di lavoro, visti in una prospettiva più ampia, portano con sé anche un potenziale inutile affollamento di mezzi pubblici, nonché una inutile esposizione a rischi anche di contagio).

Coloro che devono essere considerati “assenti ingiustificati” perché privi di GP non hanno diritto alla retribuzione né ad altri compensi o emolumenti, tuttavia la legge nulla dice sulla contribuzione: è comunque dovuta o rimane ferma per il ddl l’obbligazione contributiva?

Sul punto, al di là della contraddittorietà intrinseca di una nozione di assenza ingiustificata senza conseguenze disciplinari e con diritto alla conservazione del posto, l’opinione prevalente è che nel caso di specie, trattandosi di una ipotesi legale di sospensione della retribuzione, la contribuzione non sia dovuta.

Alle imprese con più di 15 dipendenti è preclusa la possibilità di sostituire il lavoratore assente perché privo di GP con una assunzione a tempo determinato?

In linea di principio la sostituzione è sempre legittima e tuttavia, non essendo possibile la sospensione del lavoratore sostituito, la durata del contratto a termine resta collegata al rientro del lavoratore sostituito che, in astratto, potrebbe presentarsi qualunque giorno con un GP valido e pretendere di prendere servizio, anche se magari solo per un paio di giorni

La possibilità di sospendere il lavoratore per le aziende sotto i 15 dipendenti è prevista dopo 5 giorni di assenza ingiustificata per mancanza del GP: deve trattarsi di 5 giorni continuativi o di 5 giorni complessivi anche non continuativi?

La norma lascia spazio a qualche incertezza, si potrebbe argomentare che i 5 giorni possono anche essere non continuativi in mancanza nella norma di una espressa previsione contraria. Peraltro, se si trattasse di 5 giorni continuativi, la previsione concederebbe al lavoratore ampi margini per impedire di fatto al ddl di sostituirlo e sospenderlo (per assurdo il lavoratore, facendo un tampone ogni tanto, potrebbe intervallare ad libitum 4 giorni di assenza con 1 o 2 giorni di presenza).

Per le aziende sotto i 15 dipendenti, dopo 5 giorni di assenza ingiustificata per mancanza del GP è possibile disporre la sospensione del lavoratore per 10 giorni “rinnovabili” una sola volta non oltre il termine del 31.12.2021: significa che per lo stesso lavoratore il ddl può disporre due diverse sospensioni di 10 giorni (al verificarsi ogni volta del pressuposto dei 5 giorni di assenza ingiustificata) ovvero che, dopo i 5 giorni di assenza ingiustificata del lavoratore, la sospensione di 10 giorni eventualmente disposta può anche essere prorogata di altri 10 giorni senza soluzione di continuità?

In proposito l’utilizzo dell’espressione “rinnovabili” farebbe pensare a due diverse sospensioni ciascuna di massimo 10 giorni collegate a due diversi contratti a termine per ragioni sostitutive, piuttosto che ad un’unica sospensione inizialmente di 10 giorni poi prorogata di altri 10 giorni collegata ad un contratto a termine e ad una successiva proroga dello stesso (peraltro questa sembra anche la soluzione più prudente perché richiederebbe nuovamente il verificarsi del requisito dei 5 giorni di sospensione per poter disporre la seconda sospensione ). Sul punto, tuttavia, per una risposta definitiva è opportuno attendere le indicazioni ufficiali che verranno date per l’impiego privato.

L’assenza ingiustificata per mancanza di GP richiede che al lavoratore venga fatta qualche comunicazione?

Pur non essendo in linea di principio necessario (a differenza che nel caso della sospensione) è senz’altro opportuno, nella prospettiva di eventuali contestazioni, comunicare al lavoratore che abbia dichiarato preventivamente di non essere in possesso di GP, o a cui è stato precluso l’accesso per mancanza di GP, che da quel giorno e fino a presentazione di GP valido sarà considerato assente ingiustificato senza diritto alla retribuzione. Le Linee Guida sull’impiego pubblico confermerebbero questa indicazione.

Il ddl può chiedere ai lavoratori di comunicare preventivamente se al 15.10.2021 e/o successivamente saranno in possesso di GP?

Tenuto conto del dato normativo (art. 3, co. 6 D.L. 127/2021) si ritiene legittima la richiesta al lavoratore di dichiarare anticipatamente se NON sarà in possesso di GP ad una certa data o per uno specifico lasso di tempo, in particolare ove sussistano oggettive ragioni organizzative che richiedano di sapere se il lavoratore presterà servizio.

E’ stata altresì ipotizzata, in alternativa, la possibilità di effettuare delle indagini anonime ovvero di chiedere ai lavoratori semplicemente di comunicare, per esigenze organizzative e senza alcun riferimento alle situazioni personali e quindi neppure al possesso o meno del GP, se potranno prestare la loro attività lavorativa in una certa data o un in un certo periodo.

Ad ogni buon conto, dovrebbe essere imminente la pubblicazione in G.U. di una ulteriore disposizione, contenuta nel D.L. c.d. “Capienze” che, mediante l’introduzione di un nuovo art. 9octies nell’ambito del D.L. 52/2021, dovrebbe “tagliare la testa al toro”, prevedendo espressamente anche l’obbligo dei lavoratori, in caso di richiesta del datore di lavoro derivante da specifiche esigenze organizzative volte a garantire l’efficace programmazione del lavoro, di comunicare il mancato possesso del green pass col preavviso necessario a soddisfare tali esigenze organizzative

Con l’obbligo del GP viene meno l’obbligo di rispettare le disposizioni previste dai Protocolli (distanziamento, mascherina ecc.)?

No

Per evitare l’incertezza quotidiana circa la ripresa del servizio o meno da parte del lavoratore, ove non è possibile la sospensione il ddl può comunque concordare con il lavoratore un periodo di aspettativa non retribuita o eventuali permessi o concedere le ferie?

In linea di massima non si vede la ragione per cui tali possibilità debbano essere escluse ove vi sia l’accordo delle parti. Attenzione, però, da un lato, a tener in debito conto, caso per caso, sia l’eventuale maggior costo (ove ad esempio non venga meno l’obbligo contributivo) di eventuali assenze concordate sia l’opportunità di procedere secondo criteri che non prestino il fianco ad accuse di discriminazione.

Mancanza di GP e smart working: il lavoratore che non ha il GP può comunque lavorare in SW? Devo concedere lo SW al lavoratore che non ha il GP?

Il GP è necessario per accedere al luogo di lavoro per cui nel caso in cui un soggetto lavori sempre in SW non ha necessità del GP.

Sono state pubblicate sul sito del Governo delle FAQ nelle quali si legge che lo SW non può essere utilizzato per “eludere” l’obbligo di GP: al di fuori dunque delle ipotesi in cui il lavoratore già prestava attività in SW in tutto o in parte anche prima del D.L. 127/2021, ipotesi per le quali non dovrebbero esserci problemi a proseguire con le modalità già in essere anche dopo il 15.10.2021, ed esclusa la sussistenza di un diritto del lavoratore privo di GP ad essere collocato in SW, sembrerebbe preclusa al ddl la possibilità di individuare i lavoratori da adibire allo SW sulla base del mancato possesso del GP. La bozza delle linee guida del Governo confermerebbero questa tesi.

Il lavoratore che alterna alcune giornate di SW e alcune giornate in presenza, se in una giornata in cui dovrebbe essere presente non esibisce il GP resta assente ingiustificato fino all’esibizione del GP o va considerato assente ingiustificato solo per le giornate di lavoro in cui era prevista la presenza?

Nonostante la lettera della norma, che tuttavia non contempla espressamente l’ipotesi dello SW, sembra preferibile la seconda soluzione: il lavoratore sarà considerato assente ingiustificato per mancanza di GP solo per le giornate di lavoro in presenza, mentre nelle giornate di SW potrà prestare regolarmente la propria attività e sarà considerato presente (allo stesso modo si ritiene che l’assenza ingiustificata per mancanza del GP venga interrotta, a prescindere dalla presentazione di un GP valido, anche ove sopravvengano altre legittime cause di esonero dalla prestazione (e, quindi, dalla presenza) quali ad esempio la malattia, il congedo di maternità etc..); in questi casi, tuttavia, la corretta imputazione delle giornate di assenza ingiustificata per mancanza del GP risulta in concreto possibile solo ove vi sia una precisa programmazione preventiva delle giornate in cui il lavoro deve essere svolto in SW e di quelle in cui deve essere svolto in presenza.

Chi deve sostenere il costo dei tamponi?

Il costo dei tamponi per ottenere il GP per i lavoratori che non vogliano vaccinarsi è a carico dei lavoratori stessi; il D.L. 127/2021 prevede che i tamponi vengano effettuati applicando un prezzo calmierato. Per coloro che invece siano esentati dalla vaccinazione è stabilita la gratuità del tampone, anche se non necessario per accedere ai luoghi di lavoro

Oltre agli obblighi (e relative sanzioni) espressamente previsti dal D.L. 127/2021 ve ne sono di ulteriori ai sensi della normativa privacy?

Le disposizioni di cui al D.L. 127/2021 comportano anche il trattamento di dati personali da parte del ddl per cui è senza dubbio necessario chiedersi anche quali siano gli specifici obblighi per il ddl derivanti dall’applicazione della normativa sulla protezione dei dati personali.

In primo luogo bisogna precisare che l’unico trattamento di dati espressamente ammesso dal D.L. 127/2021 sarebbe soltanto la verifica dei GP dei lavoratori mediante l’apposita app, operazione che non comporta la conoscenza e conservazione di alcun dato (tra cui in particolare le ragioni del rilascio del GP ovvero la sua durata, informazioni che il ddl non è legittimato a trattare neppure con il consenso dell’interessato).

Tanto precisato, si riporta di seguito una sintesi degli obblighi derivanti dal trattamento dei dati di cui al D.L. 127/2021 ai sensi della normativa sulla protezione dei dati personali:

a) INFORMATIVA agli INTERESSATI (art. 13 GDPR) sul trattamento che verrà fatto attraverso la verifica dei GP (via mail ai lavoratori, affissione nel luogo in cui vengono fatti i controlli, pubblicazione sulla rete intranet aziendale). E’ comunque opportuno che questa informativa venga preceduta sin d’ora da una comunicazione semplice sul contenuto del D.L. 127/2021 ed in particolare sui controlli che verranno fatti e sulle conseguenze del mancato possesso GP

b) INTEGRAZIONE REGISTRO TRATTAMENTO DATI con la nuova attività di trattamento e le realative modalità e caratteristiche

c) DEFINIRE LE MODALITA’ OPERATIVE DI GESTIONE DELLE VERIFICHE (oltre che ex art. 3 co. 5 D.L. 127/2021, anche ex artt. 24, 25, 32 GDPR): obbligo del titolare del trattamento di mettere in atto misure anche organizzative adeguate per garantire che il trattamento sia fatto in linea con GDPR e con un livello di sicurezza adeguato al rischio

d) INDIVIDUAZIONE DEI SOGGETTI INCARICATI DELLE VERIFICHE (oltre che ex art. 3 co. 5 D.L. 127/2021, anche ex art. 29 GDPR): bisogna incaricare i soggetti che faranno i controlli e formalizzare la loro autorizzazione al trattamento che preveda anche le istruzioni su come farlo; sarebbe inoltre necessaria una FORMAZIONE SPECIFICA dei soggetti incaricati

e) VALUTAZIONE DI IMPATTO DPIA (art. 35 GDPR), ove vengano utilizzati sistemi di rilevamento automatizzata (previa attenta verifica della legittimità degli stessi!)

Si evidenzia, da ultimo, che, oltre alle sanzioni amministrative previste dal D.L. 127/2021, il GDPR prevede ulteriori sanzioni amministrative in caso omissione degli specifici adempimenti privacy.

A fronte del D.L. 127/2021, in ambito privacy non sarà sufficiente un mero aggiornamento delle informative e il conferimento delle deleghe ai verificatori, ma è necessario un aggiornamento complessivo del modello di gestione del trattamento dati personali.

Merita evidenziare che la normativa esaminata solleva perplessità anche in relazione alla compatibilità tra obblighi imposti al ddl e limiti imposti al trattamento dei dati. In particolare, si è detto che i controlli non possono comportare la conservazione di alcun dato, ma se così fosse, come può il ddl dimostrare di aver eseguito i controlli in conformità a quanto previsto dal proprio piano operativo? Inoltre, per poter considerare i lavoratori privi di GP (per loro stessa dichiarazione ovvero a seguito di esito negativo del controllo) “assenti ingiustificati per mancanza di GP” applicando lo specifico trattamento previsto dal D.L. 127/2021, dovranno necessariamente essere comunicati all’ufficio che si occupa dell’elaborazione delle paghe quantomeno i dati relativi ai controlli che hanno avuto esito negativo (e le dichiarazioni dei lavoratori di non essere in possesso del GP).

Sul punto, è evidente che sul piano pratico, nel confronto tra l’adempimento degli obblighi di legge e i limiti imposti a tutela della riservatezza, “qualcosa non torna”.

Le Linee Guida del Governo relative all’impiego pubblico, se pur in versione ancora non definitiva, hanno tuttavia precisato, quanto ai controlli, che “in ossequio alla disciplina sul trattamento dei dati personali non è consentita la raccolta dei dati relativi alle certificazioni esibite dai lavoratori né la conservazione della loro copia”, il che porta a ritenere che sia invece legittima la mera registrazione (anche nominativa ossia con nome e cognome dei lavoratori controllati) delle verifiche effettuate, con indicazione del relativo esito.

Sarebbe opportuno che, qualora il ddl decida di incaricare un soggetto terzo al controllo della Certificazione, questi non proceda autonomamente a vietare l’ingresso ad un soggetto privo o con GP non valido o che ne imponga l’uscita dal luogo di lavoro. Stessa cosa in caso di rifiuto ad esibire la Certificazione od il relativo documento d’identità. Sarebbe più opportuno che l’incaricato informi della situazione il ddl/il Covid Manager (se nominato)/il Responsabile delle Risorse Umane (in ragione dell’organizzazione aziendale) e che si proceda contestualmente alla redazione di un verbale, che funga sia da prova in caso di controllo da parte degli Organi di P.G. e da documentazione necessaria alla regolamentazione del rapporto di lavoro o di prestazione di servizi/opera.

I soggetti incaricati dal ddl di effettuare i controlli possono rifiutare di svolgere tale attività?

Se l’incarico è affidato ad un lavoratore dipendente e la sua attribuzione rientra nel legittimo esercizio del potere del datore di lavoro di definire le mansioni si ritiene che in linea di principio l’incaricato non possa rifiutare l’incarico.

Se i soggetti incaricati dell’accertamento delle violazioni poste in essere dai lavoratori sono quelli individuati dal ddl, chi sono i soggetti incaricati dell’accertamento delle violazioni poste in essere dai ddl? C’è un obbligo di denuncia delle violazioni dei lavoratori? Chi deve occuparsi della trasmissione degli atti al Prefetto, il verificatore o il ddl su segnalazione del verificatore? Come va formalizzata la contestazione della violazione?

Si registra una forte incongruenza della norma sul punto. L’art. 3, comma 9 del DL 127/2021 prescrive sul punto l’applicazione dell’art. 4, comma 9, del DL 5 marzo 2020, n. 19, convertito, con modificazioni, dalla Legge 22 maggio 2020, n. 35, che così dispone:”Il Prefetto, informando preventivamente il Ministro dell’interno, assicura l’esecuzione delle misure avvalendosi delle Forze di polizia, del personale dei corpi di polizia municipale munito della qualifica di agente di pubblica sicurezza e, ove occorra, delle Forze armate, sentiti i competenti comandi territoriali. Al personale delle Forze armate impiegato, previo provvedimento del Prefetto competente, per assicurare l’esecuzione delle misure di contenimento di cui agli articoli 1 e 2 e’ attribuita la qualifica di agente di pubblica sicurezza. Il prefetto assicura l’esecuzione delle misure di contenimento nei luoghi di lavoro avvalendosi anche del personale ispettivo dell’azienda sanitaria locale competente per territorio e dell’Ispettorato nazionale del lavoro limitatamente alle sue competenze in materia di salute e di sicurezza nei luoghi di lavoro“. Al contempo però l’art. 10 del DL 127/2021 stabilisce che “Le sanzioni di cui al comma 9 sono irrogate dal Prefetto. I soggetti incaricati dell’accertamento e della contestazione delle violazioni di cui al medesimo comma 9 trasmettono al Prefetto gli atti relativi alla violazione”. Ne consegue che, il ddL ed i suoi incaricati NON hanno alcun obbligo giuridico di riferire al Prefetto le violazioni dell’obbligo di GP. I soggetti incaricati di accertare le violazioni del DL n. 127/2021 ai fini dell’applicazione delle sanzioni amministrative NON sono i soggetti privati designati dal ddl per verificare il possesso del GP. Sono semmai funzionari pubblici indicati dalla legge; infatti l’art. 13 della Legge 689/1981 chiarisce che “All’accertamento delle violazioni punite con la sanzione amministrativa del pagamento di una somma di denaro possono procedere anche gli ufficiali e gli agenti di polizia giudiziaria. […] È fatto salvo l’esercizio degli specifici poteri di accertamento previsti dalle leggi vigenti“. Si può al momento ipotizzare che, per le violazioni riferibili ai lavoratori il ddl (se non direttamente, ma dopo essere stato informato dall’incaricato), può trasmetterne notizia al Prefetto, senza perciò incorrere automaticamente in una sanzione, semmai dando prova di aver correttamente adottato e messo in atto la relativa Procedura, mentre per quelle applicabili ai ddl/Imprese provvederà principalmente lo SPISAl/Ispettorato del Lavoro ed altri Organi di P.G. competenti.

Necessità di doppia verifica da parte del ddl e del terzo in caso di lavoratori dipendenti di un terzo che operano all’interno dei luoghi di lavoro? Il caso particolare della somministrazione:

E’ possibile che il soggetto presso cui il lavoratore debba svolgere la prestazione, nell’ambito contrattuale, chieda che sia il ddl a svolgere il controllo del GP del proprio dipendente e poi si riservi un controllo a campione dei soggetti che effettivamente accedono alla propria struttura.Tuttavia si segnala la presa di posizione di Assolavoro che, con Circolare 9/2021, proprio per evitare la doppia verifica, ha invece stabilito che sia l’utilizzatore ad eseguire il controllo di validità del GP, in quanto ogni potere dispositivo e di controllo è trasferito per legge proprio sull’utilizzatore ed i locali dell’Agenzia non possono essere equiparati alla nozione di “luogo di lavoro”. Alle agenzie che si occupano dei contratti di somministrazione resterebbe dunque solo l’obbligo di informare i lavoratori degli obblighi previsti dal DL 127/2021.

E’ necessario/obbligatorio aggiornare la Procedura ANTI-COVID o piuttosto istituire una Procedura ad hoc? Stessa cosa dicasi per il DVR ed il MOGC ai sensi del D.Lgs. n. 231/2001?

E’ preferibile tenere separati i protocolli di sicurezza già adottati rispetto al documento che definisce le modalità dei controlli, trattandosi di atti che, pur dovendo necessariamente dialogare, hanno una diversa natura (negoziale i protocolli, unilaterale il piano che definisce l’organizzazione e le modalità dei controlli).

Per quanto riguarda l’aggiornamento del DVR, il ddl dovrà/potrà introdurre la Procedura inerente il possesso e la verifica della validità del GP quale ulteriore documentazione necessaria a governare il rischio del contagio all’interno della sede lavorativa, così rispettando il dettato anche della più generale norma di cui all’art. 2087 C.C.- L’Associazione Nazionale Medici d’Azienda e Competenti, con Nota del 3 Settembre 2021, ha fornito indicazioni sul ruolo del Medico Competente rispetto alla Certificazione Verde nei luoghi di lavoro, quale soggetto che non è generalmente coinvolto nelle procedure relative al controllo dell’assolvimento dell’obbligo vaccinale, non essendovi un collegamento diretto tra GP ed idoneità lavorativa. Per il Medico Competente permane il ruolo di collaborazione con il sistema aziendale, soprattutto nella messa a punto, aggiornamento e/o monitoraggio delle misure di contrasto alla diffusione del COVID-19. Le norme di riferimento rimangono quelle contenute nel Protocollo Condiviso dalle Parti Sociali del 6 Aprile 2021. Il ruolo del Medico Competente in ambito vaccinale consiste nella sensibilizzazione attraverso iniziative aziendali di info-formazione sul tema, allo scopo di fornire elementi oggettivi di valutazione personale ai lavoratori.

Le linee Guida del Governo, non ancora ufficiali, relative all’impiego pubblico hanno tuttavia precisato che i Certificati di esenzione dal possesso del GP debbano essere consegnati esclusivamente al Medico Competente che li conserverà nella Cartella Sanitaria del dipendente, al fine di rafforzare la tutela in materia di privacy. A questo punto si dovrà ipotizzare una comunicazione del Medico Competente al ddl od all’incaricato che potrà omettere il controllo delle persone esenti. Non si può escludere allora che, a seguito del coinvolgimento del Medico Competente, sia opportuno procedere all’aggiornamento del DVR in relazione alle misure organizzative e di tutela che il ddl dovrà mettere in atto per proteggere i lavoratori esenti che, evidentemente, sono esposti ad un maggiore rischio di contagio rispetto a coloro che sono dotati di GP, specie se a seguito di avvenuta vaccinazione.

Stessa conclusione allora dovrà essere tratta circa l’aggiornamento del Modello 231, che si basa sulla valutazione del rischio e sulle Procedure di sicurezza complessivamente adottate dall’impresa.

Le sanzioni applicabili sono solo quelle amministrative di competenza prefettizia?

Non si può non evidenziare come le sanzioni di cui all’art. 4, commi 1, 3, 5 e 9, del D.L. n. 19/2020, (convertito dalla L. n. 35/2020) richiamate dal’art. 3, comma 9, del DL 127/2021 prevedono la clausola di salvaguardia “salvo che il fatto costituisca reato”, pertanto occorre tener presente che gli obblighi previsti dal D.Lgs. n. 81/2008 sono generalmente presidiati da sanzioni penali. Tra questi obblighi, v’è quello – previsto dall’art. 18, comma 1, lett. f), penalmente sanzionato a carico del datore di lavoro e del dirigente dall’art. 55, comma 5, lett. c) – di vigilare sull’osservanza da parte dei singoli lavoratori delle “norme vigenti”, nonché delle “disposizioni aziendali in materia di sicurezza e di igiene del lavoro” (oltre agli obblighi in capo al preposto, di cui all’art. 19, comma 1, lett. a, D.Lgs. n. 81/2008). Né sfugga che, in base all’art. 20, comma 1, lett. a), e b) del medesimo Decreto, i lavoratori hanno l’obbligo – penalmente sanzionato dall’art. 59, comma 1, lettera a) – di “osservare le disposizioni e le istruzioni impartite dal datore di lavoro, dai dirigenti e dai preposti, ai fini della protezione collettiva ed individuale”. Non è pertanto da escludere che, a seguito dell’intervento dell’Organo di P.G., oltre alla segnalazione al Prefetto che applicherà la sanzione amministrativa, in caso di violazione non possano essere applicate anche le predette sanzioni penali.

I controlli sul Green Pass e la tutela dei dati personali nell’ente locale

Con il D.L. n. 127/2021 è stato introdotto l’obbligo di possedere ed esibire, su richiesta, la certificazione verde COVID-19 (cd. Green pass) per accedere al luogo di lavoro, a decorrere dal 15 ottobre 2021.

Tale obbligo riguarda tutto il personale dipendente comunale, gli amministratori comunali e tutti i soggetti che svolgono, a qualsiasi titolo, la propria attività lavorativa o di formazione o di volontariato presso il comune, anche sulla base di contratti esterni (esempio appaltatori, tirocinanti, stagisti, volontari che devono accedere ai locali comunali, ecc.).

Per i dipendenti è previsto in sintesi che:

  • il dipendente che comunica di non avere il Green pass o che, se richiesto, non lo esibisca PRIMA DI ACCEDERE al luogo di lavoro, non potrà accedervi e verrà dichiarato assente ingiustificato dal servizio senza retribuzione o altro compenso, senza conseguenze disciplinari;
  • il dipendente che, se richiesto, non esibisca il Green pass ALL’INTERNO del luogo di lavoro, è soggetto a sanzione disciplinare e a sanzione amministrativa per un importo da 600 a 1500 euro.

Il Green pass non è richiesto agli utenti che devono accedere agli uffici comunali.

La necessità di porre in essere i controlli pone l’ente locale, ma in generale tutte le organizzazioni nella posizione di dover prendere delle decisioni che sembrano porsi in conflitto con il corretto adempimento della normativa in materia

Adempimenti da porre in essere ai sensi del Regolamento UE 2016/679 (GDPR)

Un errore molto diffuso è ritenere che l’attività di verifica del Green Pass non comporti trattamento di dati personali, e che di conseguenza non sia richiesto alcun aggiornamento della documentazione. Gli interventi dell’Autorità Garante per la protezione dei dati personali smentiscono in modo piuttosto palese questo tipo di interpretazione e anzi richiamano proprio (tanto le istituzioni quanto i privati) al corretto adempimento dei principi del GDPR.

E’ necessario perciò:

  1.  produrre le informative relative all’attività di verifica, conformemente agli artt. 13 e 14 del GDPR;
  2. aggiornare i registri delle attività di trattamento, conformemente all’art. 30 del GDPR;
  3. redigere l’atto di designazione dei verificatori, con autorizzazioni ed istruzioni, conformemente all’art. 29 GDPR e, ovviamente, in fase operativa verificare che tali interventi documentali siano operativamente attuati.

Particolare attenzione andrà posta nella definizione dei termini di conservazione delle checklist relative agli esiti dei controlli. Speriamo che il Garante per la Protezione dei Dati Personali dia delle indicazioni al riguardo.

Nonostante sia espressamente vietata la raccolta dei dati, non poche organizzazioni hanno creato banche dati contenenti dei dati delle certificazioni verdi.

Tale tipo di raccolta deve considerarsi illecita.

Così è accaduto, ad esempio, per le palestre, ma non sono le uniche ad aver predisposto tali procedure in aperta violazione del dettato dell’art. 13 comma 5 DPCM 17 giugno 2021 per cui “L’attività di verifica delle certificazioni non comporta, in alcun caso, la raccolta dei dati dell’intestatario in qualunque forma”.

Che sia il caricamento in PDF o l’anticipazione via e-mail o l’invio di una foto tramite servizio di messaggistica istantanea, tale attività è, fondamentalmente, vietata. Definire un termine breve (o brevissimo) di conservazione o l’applicazione di metodi di cifratura non consente di superare tale limite.

Attività di questo genere comportano la violazione del principio di liceità in quanto non vi è una base giuridica validamente individuabile, nonché del principio di minimizzazione dal momento che sono raccolti dati in eccesso rispetto alle finalità indicate dalla norma. Inoltre, è violato anche il principio di esattezza del dato con riguardo alla validità del Green Pass il quale, pur avendo una data di scadenza, può essere revocato.

E’ ESPRESSAMENTE VIETATA LA RACCOLTA DEI DATI DELLE CERTIFICAZIONI VERDI. NESSUNA BANCA DATI PER LA RACCOLTA DELLE CERTIFICAZIONI VERDI DEVE ESSERE CREATA.

Modalità di verifica

Al momento abbiamo l’esclusività di impiego dell’app VerificaC19, con l’unica eccezione al momento rappresentata dalla piattaforma docenti in ambito scolastico. Ogni sistema alternativo proposto sul mercato non è dunque conforme alle attuali prescrizioni di legge.

E’ assolutamente vietata l’adozione di sistemi integrati di riconoscimento facciale per evitare il “reimpiego” del medesimo Green Pass. L’attività di verifica non solo non deve raccogliere i dati della certificazione verde, ma, ovviamente nemmeno i dati biometrici degli interessati, in carenza di alcun fondamento di liceità per il trattamento di tali informazioni.

I verificatori

Spesso i verificatori non sono né designati né istruiti.

La mancata predisposizione di misure organizzative per la definizione dei ruoli e delle responsabilità dei soggetti verificatori viola la previsione di quell’ “atto formale recante le necessarie istruzioni sull’esercizio dell’attività di verifica” previsto dall’art. 13 comma 3 DPCM 17 giugno 2021.

Tale disposizione, letta tenendo conto della normativa in materia di protezione dei dati personali è un richiamo della previsione generale stabilita dall’art. 29 GDPR per cui vi è l’obbligo generale, in capo al titolare del trattamento, di autorizzare ed istruire gli operatori che hanno accesso ai dati personali.

La forma che si vorrà dare all’atto di designazione rimane libera, ma è necessario fornire le istruzioni operative circa l’attività concreta da svolgere. Ad esempio: specificando le modalità di compilazione e conservazione di una checklist di controllo con il divieto di annotazione di alcuno dei dati relativi al Green Pass.

Il coinvolgimento del DPO

Con riferimento al DPO, va ricordato che vi è un obbligo specifico previsto dal GDPR, per cui tale soggetto deve essere “tempestivamente e adeguatamente coinvolto in tutte le questioni riguardanti la protezione dei dati personali

Avvalersi della consulenza e informazione specifica in ambito di protezione dei dati personali già in sede di progettazione delle misure organizzative comporta infatti un minore rischio di incorrere in una o più non conformità.

APPENDICE NORMATIVA

DECRETO-LEGGE 21 settembre 2021, n. 127

Art. 1

Disposizioni urgenti sull’impiego di certificazioni verdi COVID-19 in ambito lavorativo pubblico

1. Al decreto-legge 22 aprile 2021, n. 52, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 giugno 2021, n. 87, dopo l’articolo 9-quater e’ inserito il seguente:

«Art. 9-quinquies (Impiego delle certificazioni verdi COVID-19 nel settore pubblico).

1.            Dal 15 ottobre 2021 e fino al 31 dicembre 2021, termine di cessazione dello stato di emergenza, al fine di prevenire la diffusione dell’infezione da SARS-CoV-2, al personale delle amministrazioni pubbliche di cui all’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, al personale di cui all’articolo 3 del predetto decreto legislativo, al personale delle Autorita’ amministrative indipendenti, ivi comprese la Commissione nazionale per la societa’ e la borsa e la Commissione di vigilanza sui fondi pensione, della Banca d’Italia, nonche’ degli enti pubblici economici e degli organi di rilievo costituzionale, ai fini dell’accesso ai luoghi di lavoro, nell’ambito del territorio nazionale, in cui il predetto personale svolge l’attivita’ lavorativa, e’ fatto obbligo di possedere e di esibire, su richiesta, la certificazione verde COVID-19 di cui all’articolo 9, comma 2. Resta fermo quanto previsto dagli articoli 9-ter, 9-ter.1 e 9-ter.2 del presente decreto e dagli articoli 4 e 4-bis del decreto-legge 1° aprile 2021, n. 44, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 maggio 2021, n. 76.

2.            La disposizione di cui al comma 1 si applica altresi’ a tutti i soggetti che svolgono, a qualsiasi titolo, la propria attivita’ lavorativa o di formazione o di volontariato presso le amministrazioni di cui al comma 1, anche sulla base di contratti esterni.

3.            Le disposizioni di cui ai commi 1 e 2 non si applicano ai soggetti esenti dalla campagna vaccinale sulla base di idonea certificazione medica rilasciata secondo i criteri definiti con circolare del Ministero della salute.

4.            I datori di lavoro del personale di cui al comma 1 sono tenuti a verificare il rispetto delle prescrizioni di cui ai commi 1 e 2. Per i lavoratori di cui al comma 2 la verifica sul rispetto delle prescrizioni di cui al comma 1, oltre che dai soggetti di cui al primo periodo, e’ effettuata anche dai rispettivi datori di lavoro.

5.            I datori di lavoro di cui al comma 4, primo periodo, definiscono, entro il 15 ottobre 2021, le modalita’ operative per l’organizzazione delle verifiche di cui al comma 4, anche a campione, prevedendo prioritariamente, ove possibile, che tali controlli siano effettuati al momento dell’accesso ai luoghi di lavoro, e individuano con atto formale i soggetti incaricati dell’accertamento e della contestazione delle violazioni degli obblighi di cui ai commi 1 e 2. Le verifiche delle certificazioni verdi COVID-19 sono effettuate con le modalita’ indicate dal decreto del Presidente del Consiglio dei ministri adottato ai sensi dell’articolo 9, comma 10. Il Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta dei Ministri per la pubblica amministrazione e della salute, puo’ adottare linee guida per la omogenea definizione delle modalita’ organizzative di cui al primo periodo. Per le regioni e gli enti locali le predette linee guida, ove adottate, sono definite d’intesa con la Conferenza unificata di cui all’articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281.

6.            Il personale di cui al comma 1, nel caso in cui comunichi di non essere in possesso della certificazione verde COVID-19 o qualora risulti privo della predetta certificazione al momento dell’accesso al luogo di lavoro, al fine di tutelare la salute e la sicurezza dei lavoratori nel luogo di lavoro, e’ considerato assente ingiustificato fino alla presentazione della predetta certificazione e, comunque, non oltre il 31 dicembre 2021, termine di cessazione dello stato di emergenza, senza conseguenze disciplinari e con diritto alla conservazione del rapporto di lavoro. Per i giorni di assenza ingiustificata di cui al primo periodo non sono dovuti la retribuzione ne’ altro compenso o emolumento, comunque denominati.

7.            L’accesso del personale ai luoghi di lavoro di cui al comma 1 in violazione degli obblighi di cui ai commi 1 e 2, e’ punito con la sanzione di cui al comma 8 e restano ferme le conseguenze disciplinari secondo i rispettivi ordinamenti di appartenenza.

8.            In caso di violazione delle disposizioni di cui al comma 4, di mancata adozione delle misure organizzative di cui al comma 5 nel termine previsto, nonche’ per la violazione di cui al comma 7, si applica l’articolo 4, commi 1, 3, 5 e 9, del decreto-legge 25 marzo 2020, n. 19, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 maggio 2020, n. 35. Resta fermo quanto previsto dall’articolo 2, comma 2-bis, del decreto-legge 16 maggio 2020, n. 33, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 luglio 2020, n. 74. Per le violazioni di cui al comma 7, la sanzione amministrativa prevista dal comma 1 del citato articolo 4 del decreto-legge n. 19 del 2020 e’ stabilita in euro da 600 a 1.500.

9.            Le sanzioni di cui al comma 8 sono irrogate dal Prefetto. I soggetti incaricati dell’accertamento e della contestazione delle violazioni di cui al medesimo comma 8 trasmettono al Prefetto gli atti relativi alla violazione.

0.            Al personale di cui al comma 1 dell’articolo 9-sexies, collocato fuori ruolo presso le amministrazioni di cui al comma 1, si applicano le disposizioni di cui al medesimo articolo 9-sexies, commi 2 e 3, fermo restando quanto previsto dal comma 8 del presente articolo.

1.            Fermo restando quanto previsto al comma 12, ai soggetti titolari di cariche elettive o di cariche istituzionali di vertice, si applicano le disposizioni di cui ai commi 1, 3, 4, 5 e 8.

10.          Gli organi costituzionali, ciascuno nell’ambito della propria autonomia, adeguano il proprio ordinamento alle disposizioni di cui al presente articolo.

2.            Le amministrazioni di cui al comma 1, provvedono alle attivita’ di cui al presente articolo con le risorse umane, finanziarie e strumentali disponibili a legislazione vigente e senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.».